Il Cyber Agent è un professionista dell'Information Technology che si preoccupa di sviluppare e garantire gli adeguati livelli di sicurezza per le aziende che lavorano con HWG, per i loro dipendenti e per i loro utenti. Oggi conosciamo Fabio Battistetti, 46 anni, Service Manager
Da quando sei in HWG?
Dal febbraio del 2021.
Qual è il tuo percorso di studi?
Mi sono diplomato al liceo scientifico a metà degli anni Novanta. Dopo due anni di studi a Scienze della Comunicazione ho seguito le orme del babbo, un informatico, e mi sono iscritto un corso di progettazione di reti locali e geografiche. Si trattava di un corso regionale equiparato a livello Europeo, con una forte componente formativa e pratica. Mi ha portato a uno stage e, nel 1999, all'assunzione sempre nel reparto IT.
Di cosa ti occupi in HWG?
Il mio compito è gestire la delivery di servizi di cybersecurity per conto di una grande azienda dell’automotive, sul fronte della prevenzione e della protezione. Coordino un piccolo team lavoro, che ha una forte interazione con altri reparti IT e business del cliente.
Come mai hai scelto di occuparti di cybersecurity?
Si tratta del punto di arrivo di un’evoluzione dei vent’anni di carriera nel settore IT. La cybersecurity è un’avanguardia, e nel contesto generale del settore, dove è fondamentale innovare, la protezione è sempre più importante. Poi c’è anche un aspetto di fascinazione personale, perché amo la letteratura cyberpunk e la cultura digitale.
Quali sono i tuoi obiettivi professionali?
Far sì che i rischi di sicurezza non portino conseguenze e siano gestiti bene nell’ottica di un miglioramento collettivo. L’innovazione tecnologica è un mezzo, non un limite, come invece è spesso percepita. Oggi siamo in un’epoca in cui c’è sicuramente più consapevolezza e maturazione su questo punto, ma è anche vero che i rischi aumentano sempre di più, e quindi bisogna lavorare in tal senso.
Qual è l’elemento, acquisito durante la tua esperienza, che ti aiuta nel raggiungere quegli obiettivi?
Direi proprio i vent’anni di esperienza sul campo. E una mia personale attitudine alla resilienza, alla capacità di adattarmi ai contesti con un approccio personale orientato alla cooperazione e alla condivisione. Credo che ciò sia maturato nelle frequentazioni del mondo Open Source e DYI (Do It Yourself), dove si ragiona per un fine comune. Aggiungo anche un un certo grado di pensiero creativo: mi occupo di musica legata all’arte e di registrazione di ambienti sonori.
Qual è la sfida principale del tuo lavoro?
Gestire i compiti e il carico di lavoro con il focus sul risultato.
Se avessi dieci minuti durante i quali acquisire una competenza fortissima, quale sarebbe?
Avere un metodo organizzativo più efficace nella gestione dell'agenda, per ottenere più lucidità nell’arco della giornata. Mi aiuterebbe di più che un ampliamento delle conoscenze e delle competenze.
Hai un motto che ti guida nella vita e nel lavoro?
Ne avrei tantissimi, ne scelgo uno solo: «Ever tried, ever failed, no matter: try again, fail again, fail better». Soprattutto il finale: fail again, fail better, che è tratto da Aspettando Godot, di Samuel Beckett.
Qual è il consiglio più importante che daresti a un’azienda o un utente che deve praticare la sicurezza informatica?
A un’azienda direi di trovare il tempo per definire al meglio l’infrastruttura e la sua manutenzione costante. L’IT è l’ossatura del business, il tempo speso per esso è un investimento impagabile che comunque ritorna, anche se è stato considerato per anni una perdita di tempo e soldi. All’utente direi di stare attento a ogni azione che compie. La consapevolezza è essenziale facendo gesti abitudinari sullo smartphone o sul computer, e può portare distrazione in un’epoca in cui i rischi sono sempre maggiori.